La vicenda del Covid, oggi tutt’altro che conclusa, ha influenzato tutti e, purtroppo, continuerà a farlo ancora a lungo.
Ma passando oltre a tale ovvietà, all’interno della Comunità NPIA di Omada ha anche permesso di attivare energie e soluzioni nuove al fine di fare fronte ai cambiamenti imposti dalla Pandemia. L’effetto principale ha riguardato la possibilità di utilizzare il “gruppo” di lavoro come strumento e risorsa straordinaria per poter “vedere oltre all’ostacolo”. Nella scorsa primavera abbiamo affrontato mesi faticosi, uno stravolgimento per tutti, turni di lavoro rivoluzionati, riorganizzazione generale della comunità, nuove regole, procedure, nel tentativo di garantire al massimo la sicurezza delle ragazze, di operatori e clinici.
Questo sforzo comune e collettivo ha permesso un salto di integrazione che era ancora necessario dover fare nella nostra giovane esperienza, mettendo in connessione, ancora più stretta, tutti i professionisti presenti.
Si sono cercati nuovi strumenti di lavoro (riunioni da remoto, tra noi e/o con servizi esterni…), si è riorganizzato il “tempo” in CT con le pazienti, tutte presenti vista la chiusura prolungata delle scuole, attivate le video-lezioni per tutte, ecc.
Il lockdown primaverile ha comportato che gli operatori non avessero spazi “altri” oltre al lavoro, si è offerto a tutti la possibilità strutturata di un confronto con un consulente esterno, come modalità per poter gestire lo stress derivante dalla situazione che si era creata.
Quelle settimane sono trascorse per tutti, ragazze comprese, vivendo le giornate attraverso una differente gestione del “tempo”. Un tempo più lento, più dilatato, più condiviso. Momenti, come il pranzo o la cena, precedentemente vissuti con maggior frenesia e frammentazione a causa di impegni e orari differenti, sono diventati reali momenti di condivisione.
E’ questo solo un esempio, ma serve per comprendere quale sia l’aspetto che avevo intenzione di sottolineare maggiormente. Le giovani hanno potuto condividere con gli operatori, e con i familiari che incontravano attraverso
i dispositivi tecnologici, la medesima “attesa” di sviluppi desiderati: la pandemia ci ha posti tutti sullo stesso piano. Tale situazione di condivisione ha aiutato le stesse a reggere la fatica nel trascorrere delle settimane. Hanno compreso che, a differenza di altri loro coetanei isolati nei propri appartamenti cittadini, loro avevano un gruppo a disposizione, degli spazi propri e comuni, anche all’aperto. Avevano pertanto a disposizione delle risorse non scontate.
Oggi, a mesi di distanza, prosegue questo tempo anomalo che incide quotidianamente sul nostro lavoro, perché comporta la necessità di fare sintesi tra il mandato istituzionale che abbiamo in quanto struttura sanitaria, ovvero la ricerca di un benessere psicofisico delle ragazze attraverso azioni mirate cliniche ed educative, e l’esigenza di preservare le stesse e l’intera organizzazione dai rischi di una eventuale diffusione del contagio. Tutto ciò può apparire evidente e scontato, ma implica una dialettica interna costante al fine di individuare un punto di equilibrio tra queste differenti istanze, nel rispetto delle normative generali e specifiche emanate ad hoc dalle differenti istituzioni. Se la risposta alla nostra naturale paura, smarrimento e irritazione di fronte alla Pandemia è che “siamo qui per le ragazze”, si ritorna a vedere il motivo per cui ci siamo impegnati in questo lavoro e a riprendere un processo di crescita; in caso contrario ci si potrebbe paralizzare. Rimane, di fatto, che l’antidoto alla paralisi causata dalla paura o dalla rabbia – e non solo per il Covid – resta sempre la dialettica appena citata.
L’auspicio è che, in fondo, oltre alla fatica che ancora sperimentiamo, questo lungo periodo di crisi sia un’occasione importante di crescita collettiva per l’equipe di Omada e di significativo consolidamento condiviso della nostra identità. Tale processo implica un’autoattribuzione di appartenenza sempre più diffusa e riconosciuta dal gruppo di lavoro, nella diversità di professioni e di sensibilità personali.
Paolo Cereda – Coordinatore “Omada”