SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE

Anche quest’anno è stato pubblicato il bando per aderire al Servizio Civile Universale.
Se lo desideri, puoi vivere questa nuova esperienza con Associazione Gruppo di Betania Onlus!
CHE COS’E’?
Il Servizio Civile è impegnarsi in un progetto finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria, all’educazione, alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana, con azioni per le comunità e per il territorio.
È un’occasione formativa e di crescita sia personale che professionale. Permette ai giovani di collaborare con una realtà del territorio portando avanti un’esperienza di impegno sociale e cittadinanza attiva.
CHI PUO’ PARTECIPARE?
Possono partecipare tutti i ragazzi e le ragazze
– di età compresa tra i 18 e i 28 anni (e 364 giorni)
– con cittadinanza italiana, o di uno degli altri Stati Membri dell’Unione Europea, o di un Paese Extra Unione Europea regolarmente soggiornanti in Italia
COSA OFFRE?
– rimborso spese pari a 507, 30 euro al mese
– formazione
– permessi di assenza

PER QUANTO TEMPO?
La durata del servizio civile è di 12 mesi, con un servizio di 25 ore a settimana distribuite su 5 o 6 giorni
IL SERVIZIO CIVILE IN AGB:
“Progetto: “L’oggi crea il domani”
Avrai la possibilità di vivere la quotidianità con le ragazze accolte dall’Associazione all’interno delle nostre Comunità Educative e condividere con loro un pezzo di cammino. Ti occuperai del tempo libero, dell’accompagnamento allo studio e aiuterai nella gestione quotidiana della comunità, ad esempio con la spesa settimanale. Ogni attività sarà svolta insieme alle giovani ospiti della struttura a cui sarai assegnato e collaborerai con le équipe educative che lavorano quotidianamente con le minori.
DATA DI SCADENZA DEL BANDO: 15 FEBBRAIO 2024
Se hai voglia di metterti in gioco e offrire il tuo tempo e il tuo entusiasmo alle nostre giovani adolescenti per un breve tratto del loro cammino, compila la Domanda Online DOL sul portale dedicato e seleziona come ente “ASSOCIAZIONE GRUPPO DI BETANIA ONLUS”!
Puoi compilare la domanda di partecipazione solo se in possesso dello SPID.
Per qualsiasi informazione specifica sul Servizio Civile, sulle modalità di partecipazione e sulla documentazione consulta la pagina ufficiale al sito www.scelgoilserviziocivile.gov.it

La bellezza di una collaborazione

Preparare le nostre ragazze ad affrontare il mondo del lavoro è tra i più importanti e al tempo stesso più difficili obiettivi educativi. Dobbiamo quindi aiutarle ad addestrarsi quando sono ancora minorenni, affinché apprendano le competenze trasversali essenziali per potersi inserire, alla maggiore età, nel mondo del lavoro e nella società. Grazie alla collaborazione con Albero del Pane, negli ultimi anni abbiamo potuto sia proporre stage presso la pasticceria Angolo Dolce, a chi non impegnata in un corso di studi, sia offrire l’opportunità di frequentare laboratori interni di formazione al mondo del lavoro, a coloro che ancora studiano. Uno di questi è il laboratorio di confezionamento dei panettoni. È un laboratorio che vede cooperare tre realtà dedicate al sostegno e alla promozione di persone in difficoltà: Villaluce, Albero del Pane e Dalit. Albero del Pane è una Cooperativa Sociale nata per permettere a giovani di ricreare le condizioni per potersi reinserire in percorsi scolastici e formativi, offrendo loro esperienze lavorative nel campo della produzione dolciaria. Dalit è una ONG del Bangladesh, che opera a favore della minoranza dei Dalit, classificati come intoccabili. È una comunità che costituisce uno dei gruppi maggiormente isolati. L’obiettivo principale delle iniziative Dalit è migliorare le condizioni sociosanitarie delle società emarginate e aumentare il livello di alfabetizzazione tra i bambini nei Distretti di Khulna, Jessore, Satkhira, e Bagherat, dove il lavoro non rappresenta solo una fonte di reddito ma diventa uno strumento di inclusione sociale. Tra i progetti di Dalit rientra il diritto all’educazione per le bambine, che maggiormente soffrono nelle famiglie povere. Si cerca di sensibilizzare i genitori a posticipare la data del matrimonio per dare loro la possibilità di completare gli studi, spiegando quali sono i maggiori rischi per la salute fisica e psichica legati a matrimoni e gravidanze precoci. Le ragazze così aiutate hanno anche la possibilità di frequentare un laboratorio di addestramento al lavoro di sartoria, che prevede un compenso in denaro. Le stoffe di Sari vengono tagliate e assemblate con creatività, formando nuove pezze di tessuti. Ecco la bellezza di questa collaborazione: Albero del Pane fornisce alle ragazze di Villaluce, oltre ai panettoni, le stoffe prodotte dalle coetanee Dalit, perchè con questi tessuti confezionino i panettoni di Natale. Anche quest’anno frequentano il laboratorio una quindicina di ragazze, impegnate in tale attività nel tempo libero dall’orario scolastico: le giovani vi partecipano volentieri, affiancate dalle compagne che lo hanno già frequentato e insieme alla responsabile del laboratorio. Qui sperimentano la puntualità, la costanza, la precisione nello svolgere il lavoro, e anche la capacità di stare con le colleghe e con la responsabile. Inoltre provano l’importanza di effettuare un lavoro commissionato da un Ente esterno, che pone delle scadenze di consegna, a cui dobbiamo rendere conto rispetto alla precisione e alla cura con cui occorre portare a termine l’impegno affidato, per il quale riceveranno una mancia. Tutte le ragazze sanno che i sacchetti con i quali confezioniamo i panettoni sono stati realizzati dalle loro compagne del Bangladesh per cui si sentono solidali con loro, unite da un ponte di amore tra due luoghi lontani, con l’obiettivo comune di promuovere il più possibile la propria crescita.

Dentro o fuori dalla cornice: un pomeriggio di Caviardage alla Casa del Sorriso

Giovedì 26 Ottobre le ragazze della Casa del Sorriso hanno partecipato ad un laboratorio di Caviardage. Caviardage deriva dal francese Caviar, Caviale. Si potrebbe tradurre con Cavialeggiare, cioè annerire. In origine infatti significava cancellare in alcuni scritti parole o passaggi da togliere. Si tratta di un metodo di scrittura poetica che aiuta a scrivere pensieri attraverso un processo definito. È strutturato in diverse tecniche con la caratteristica comune di partire da testi già scritti: pagine strappate da libri da macero, articoli di giornali e riviste, ma anche testi in formato digitale. Ci sono delle parole che ci colpiscono in modo particolare secondo il nostro stato d’animo del momento. Scrivere è per la nostra metodologia educativa molto importante: bisogna fermarsi, riflettere su ciò che si vuole dire, connettere i pensieri, trovare le parole adatte. Ogni ragazza è invitata a scrivere in tante occasioni: nelle sue comunicazioni con la responsabile, per la sintesi, per chiedere il prosieguo. La dott.ssa Simona Sala, formatrice in formazione del metodo Caviardage, ha fatto lavorare il gruppo sul senso della cornice come confine, limite e protezione. I limiti e i confini sono così difficili da accettare per tutti gli adolescenti. Il confine è muro ma è anche protezione, chiusura ma anche identità, limite ma anche appoggio. La pratica proposta vuole far vivere alle ragazze e agli educatori l’esperienza del limite che può divenire possibilità di incontro, occasione per farsi toccare dall’incontro con l’altro con rispetto. Su un grande tavolone della sala comune la dott.ssa Simona ha fatto trovare un lungo foglio attorno al quale tutte le ragazze si sono posizionate. Al centro del tavolo, c’erano pennarelli, brush pens, fili colorati, bottoni, brillantini oltre che una cornice per ognuna. Ha poi proposto alle ragazze di rappresentarsi attraverso un disegno o anche semplicemente un segno o simbolo. Quando tutti hanno concluso il primo lavoro, la conduttrice ha invitato ogni partecipante ad osservare il lavoro delle compagne. In modo rispettoso e chiedendo permesso, ha proposto a ognuna di aggiungere qualcosa al lavoro della ragazza seduta alla propria sinistra. La dott.ssa Simona ha consegnato poi alle ragazze un testo invitandole a tagliare tutte le parole. Dal mucchietto di parole ognuna ha scelto quelle che colpivano la loro attenzione, realizzando un componimento poetico, decidendo alla fine se inserirlo o meno nella cornice. Hanno partecipato tutte con curiosità e attenzione, realizzando lavori molto interessanti

La voce di Omada

Nella Comunità Terapeutica di Neuropsichiatria Infantile, perno del percorso sono le attività terapeutiche e riabilitative che proponiamo alle nostre adolescenti. Le attività riabilitative sono infatti indispensabili per ristabilire il benessere psichico in quanto aiutano a attivare risorse mentali che, attraverso una inedita percezione delle proprie abilità cognitive, esecutive e relazionali, permettono la riduzione della sintomatologia psichiatrica e la scoperta di poter assumere un ruolo attivo e vitale nel mondo. Oggi desideriamo parlare di un particolare laboratorio che utilizza il lavoro a maglia e all’uncinetto per stimolare, attraverso il motore della creatività, il desiderio di dedicare impegno e tempo a un proprio progetto manufatto. Materiali e colori stimolano a cimentarsi nell’apprendimento di tecniche di lavoro manuale, come punto di partenza per sperimentare e potenziare molteplici capacità:
• Abilità di osservazione, attenzione, concentrazione e memoria
• Abilità di problem solving
• Abilità di ragionamento aritmetico
• Abilità di ragionamento induttivo e deduttivo
• Abilità di mentalizzazione
• Abilità di trasformazione
• Capacità di apprendere dagli errori
• Mentalizzazione della dimensione temporale
• Metacognizione relativa alla complessità dei processi di apprendimento e dei processi creativi
• Metacognizione del valore dell’impegno
• Gestione e modulazione delle emozioni, in quanto associate a materiali e prodotti tangibili
• Migliorare la conoscenza e la consapevolezza di sé, delle proprie risorse e difficoltà.
Ma vogliamo lasciare la parola ad una nostra giovanissima ospite, di 14 anni, e ai suoi lavori: “È tutto iniziato tanto tempo fa, a scuola la mia maestra aveva portato della lana e un uncinetto. E ci aveva insegnato la base. Ero affascinata e riuscii a farlo perfettamente dopo due giorni. Poi ho mollato per un po’. Fino al momento in cui entrai in comunità, trovai subito affinità con una psicologa per via del nostro hobby in comune. Ripresi a farlo e mi aiutò molto, tantissimo. Non esistevano giorni in cui non facevo la maglia. Infatti di solito accompagnavo i miei pomeriggi con dei film, che tenevano impegnata la mia mente. Questo ha fatto la maglia: mi ha liberata, mi faceva smettere di pensare. Non so se per tutti è cosi ma io custodisco gelosamente tutto! Faccio ciò che faccio con passione, sempre!”

Guardare Oltre

Un interessante laboratorio si è svolto in modo itinerante tra i luoghi del quartiere di Affori. Si è trattato di un percorso trasformativo e creativo che ha interrogato i partecipanti sul senso di appartenenza al territorio e sulla presa di coscienza di sé tramite laboratori artistici di quartiere. L’intento era quello di esplorare il tessuto urbano con l’occhio dell’artista. È stato quindi un percorso di arte partecipata che ha aiutato i ragazzi che abitano il quartiere a interrogarsi sul senso della “traccia”: lasciarla, raccoglierla, produrla, darle un significato. Un gruppo di ragazze di Villaluce con un gruppo di ragazzi e ragazze della nostra zona sono stati invitati a partecipare a questo progetto sperimentando insieme diverse tecniche. Durante otto incontri settimanali, i giovani iscritti hanno potuto provare nuovi procedimenti e pratiche creative. Stampa, timbri, argilla e gesso sono stati i mezzi e i materiali utilizzati che, attraverso l’uso della manualità, li hanno aiutati a riflettere e anche un po’ a conoscersi. Villaluce ha messo a disposizione un proprio educatore e una sala di appoggio dove tenere i materiali e dove potersi ritrovare a inizio e fine attività. Il giardino di Villaluce ha fatto la sua parte nelle belle giornate di sole. I workshop hanno avuto luogo sia all’interno che all’esterno nei momenti di esplorazione e ricerca della “traccia”. Le opere prodotte sono diventate parte dell’evento finale che ha coinvolto i ragazzi del laboratorio e gli abitanti del quartiere. È stata una mostra partecipata che ha valorizzato sia i luoghi che le persone che vi hanno preso parte. Il progetto Guardare Oltre è stato reso possibile dall’intervento di Meraki – desideri culturali, che ha scelto i luoghi dove svolgerlo, di Wild Art Project, collettivo artistico che riserva diverse progettazioni all’ambito sociale, dal contributo della Fondazione Altamane Italia, che sostiene progetti di supporto anche collegati all’esperienza artistica e da Associazione Gruppo di Betania Onlus che ha accolto questa idea con grande entusiasmo.

Benvenuta!

Alla Casa del Sorriso, l’assemblea del giovedì è lo spazio in cui educatori e ragazze si confrontano sulle difficoltà della vita condivisa e su argomenti di interesse comune. Da uno di questi incontri è nata questa lettera, frutto del lavoro delle ragazze che hanno ripercorso il periodo del proprio ingresso e hanno immaginato cosa avrebbero voluto sentirsi dire per sentirsi accolte e meno sole in un momento di cambiamento di vita importante. Dal mese di Novembre questa lettera accoglie ogni nuova ragazza.
Ciao Sofia,
se stai leggendo questa lettera è perché tra poco entrerai a far parte del nostro GRUPPO, il gruppo della CASA DEL SORRISO.
Noi non sappiamo se ti senti pronta ad entrare in comunità e per questo vorremmo aiutarti fin da subito ed accoglierti nel migliore dei modi. Lo vogliamo fare partendo dalla nostra esperienza, dai pochi o tanti ricordi che ciascuna di noi ha del suo primo giorno in comunità.
Quando siamo entrate in comunità non conoscevamo nessuno, alcune tra noi non volevano assolutamente venire, altre lo hanno chiesto ma tutte eravamo impaurite, arrabbiate e deluse tanto che ci siamo anche messe a piangere. Inoltre non sapevamo bene cosa fosse e come funzionasse una comunità ed eravamo spaventate dell’idea di essere giudicate per il luogo in cui vivevamo.
Eravamo anche un po’ spaesate, entrare in comunità richiede di fare un trasloco non solo di oggetti ma anche di abitudini che dovranno accordarsi con quelle della vita di gruppo.
Entrare in un gruppo non è facile, noi ci impegneremo ad accoglierti al meglio, ma come sai nei gruppi potrebbero scattare delle antipatie, in comunità però ci impegnamo a stare bene e quando le cose non funzionano ci parliamo e solitamente lo facciamo tutte assieme in riunione il giovedì, oppure a tavola mentre mangiamo.
Con alcune di noi condividerai la stanza, ognuna ha un suo spazio personale e ci impegniamo a tenerlo in ordine. Oltre al nostro spazio, ci viene chiesto di prenderci cura, a turno, di altri spazi della comunità. Questa cosa è faticosa, ma importante e ci aiuteremo a vicenda par farlo.
Nei primi giorni potresti vivere un senso di solitudine ed annoiarti un po’, perché noi andremo a scuola e porteremo avanti tutti i nostri impegni, ma a te verrà chiesto di stare in comunità per conoscere meglio gli educatori. Inoltre come ti avranno già spiegato, per un po’ di giorni non avrai il cellulare, sappiamo che questa cosa potrebbe spaventarti, ma stai tranquilla, ci siamo passate tutte e anche se sembra una cosa molto faticosa ci siamo riuscite.
In comunità avrai compagne di età diverse e oltre a loro ci saranno tanti adulti che si prenderanno cura di te. Ad alcune di noi la dolcezza con cui ci hanno accolto è sembrata anche troppa, ma gli educatori hanno a cuore il nostro benessere e sapendo quanto questo momento sia complicato provano ad aiutarci come meglio possono fare.
Ognuna di noi vive i rapporti con la famiglia in modo diverso, c’è chi la vede con regolarità e chi ne è in conflitto, chi vorrebbe tanto ma non può incontrarli e chi sente di essere giudicata per la scelta fatta di stare in comunità. Questo è per tutte noi un tema molto delicato che trattiamo con grande rispetto.
Preparati, perché in comunità tutti avranno tanta voglia di conoscerti e magari ti verranno fatte tante domande, sentiti libera di raccontare di te quello che vuoi e ricorda, in ogni inizio un po’ di riservatezza non fa mai male. Anche tu sentiti libera di poter fare domande sia a noi che agli educatori e noi cercheremo di risponderti.
Sii fiduciosa, anche se l’inizio sembra molto difficile vedrai che in breve tempo entrerai a far parte del nostro gruppo e la vita in comunità sarà un po’ più facile.
Benvenuta tra noi!”
Le ragazze della Casa del Sorriso.

Novità alla Casa del Sorriso.

Grazie Madre Franca, benvenuta Paola.

L’11 ottobre, in occasione della Giornata internazionale delle ragazze istituita dall’Onu, Casa del Sorriso ha voluto offrire un momento importante di ringraziamento e di incontro. Con la collaborazione del Comune di Fagnano Olona è stata organizzata una serata per riflettere sull’importanza del ruolo educativo. Volontari, educatori e amici della nostra Associazione sono stati invitati a partecipare al convegno “Il ruolo degli adulti oggi: cercare, trovare, accompagnare gli adolescenti” tenuto dal Professor Pietro Roberto Goisis psichiatra e psicoanalista. È stato inoltre un momento di celebrazione importante poiché Madre Franca Rosso, dopo 26 anni di appassionato servizio, ha passato il suo testimone alla collega Paola Lodovici. Dalla nascita della Casa del Sorriso nel 1996 Madre Franca, con il suo prezioso impegno pedagogico, ha accompagnato nel loro cammino di crescita molte delle nostre ragazze. È stata punto di riferimento e anello di congiunzione tra la Nostra Associazione e la Fondazione Paolo Foglia, che ci ha dato la possibilità di far nascere la Casa del Sorriso, rendendo possibile la realizzazione di tanti progetti a favore delle nostre giovani.

AUGURI OMADA!

La Struttura Residenziale di Neuropsichiatria Infantile per Adolescenti quest’anno compie 6 anni! Vogliamo approfittare del nostro 6° compleanno per raccontarvi di noi.

Nel 2016 nasce la Comunità Terapeutica di Neuropsichiatria Infantile Omada per rispondere all’emergenza relativa al disagio psichico nei minori. Già, i giovani possono ammalarsi, ed i numeri sono tristemente noti: secondo il rapporto dell’OMS nel 2015 il suicidio e la morte accidentale da autolesionismo erano la terza causa di mortalità degli adolescenti nel mondo, con una stima di 67.000 morti. Nel 2015 in Italia il suicidio è stato la seconda causa di morte nei giovani tra i 15 e i 24 anni, attestandosi all’incirca intorno ai 4.000 suicidi ogni anno.

L’Associazione Gruppo di Betania onlus ha deciso così di rispondere alla sofferenza psichica degli adolescenti, aprendo una Comunità autorizzata da ATS Città Metropolitana di Milano. Una struttura diversa dalle altre: sanitaria! Omada ha infatti l’obiettivo di cura e può ospitare fino a 10 ragazze fra i 12 e i 18 anni, segnalate dal servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile, per disagio emotivo che necessitino di percorsi riabilitativi comunitari. In molte situazioni questo tipo di intervento rappresenta l’ultima spiaggia per le pazienti e le loro famiglie, che hanno già tentato percorsi ambulatoriali (e la maggior parte delle volte ben più di uno!) senza però beneficio. Queste fanciulle hanno sulle loro giovani spalle l’esperienza di ricoveri in Neuropsichiatria Infantile e portano nel cuore ferite aperte che sanguinano, a volte fino all’emorragia.

Omada si prende carico del dolore e della psicopatologia attraverso un delicato e necessario lavoro di equipe multidisciplinare, composta da medici specializzati in Neuropsichiatria Infantile e psichiatria, psicologi psicoterapeuti, educatori professionali, infermieri, tecnici della riabilitazione psichiatrica, neuropsicomotricista e operatori sanitari. Insieme, ogni giorno, la sfida consiste nell’integrare le diverse professionalità, per prendersi cura delle giovanissime pazienti.

Omada si fa carico di loro attraverso tre macro step: una prima fase di accoglienza e reciproca conoscenza, momento delicatissimo in cui si tesse l’alleanza terapeutica e si mettono le basi per il Progetto Terapeutico Riabilitativo Individuale; su questo Progetto si basa la seconda fase, partendo dalla condivisione di obiettivi e strumenti con la ragazza, la famiglia ed i Servizi Invianti.  L’ultima fase è forse la più complessa di tutte: il processo dimissorio di riavvicinamento al territorio, in cui la giovane sperimenta le proprie risorse al di fuori della Comunità, fa palestra delle nuove strategie apprese e grazie al supporto costante dell’equipe può riprendere il proprio percorso di vita, con nuove consapevolezze. Queste fasi prevedono sempre il coinvolgimento della famiglia e della rete amicale, il rapporto con le scuole, le attività extrascolastiche e spesso si spingono ben oltre il mandato istituzionale di ATS, per far sì che il disagio psichico non si trasformi in isolamento e confinamento.

Dal 2016 ad oggi la Comunità ha accolto 51 ospiti, a fronte delle 450 richieste, la cui mole delinea bene la situazione generale.

Nel corso di questi 6 anni tutti gli operatori si sono messi in costante discussione, sempre costruttiva, rispondendo creativamente alle esigenze e bisogni delle pazienti, affrontando anche la pandemia COVID-19 e le ripercussioni emotive che tutti abbiamo purtroppo conosciuto, su ragazze che stavano già affrontando un momento di vita estremamente fragile.

A tal riguardo siamo lieti di annunciare che da quest’anno in Omada è attiva la scuola in ospedale. Le giovani pazienti infatti manifestano difficoltà scolastiche, ritiro e abbandono scolastico, anche a fronte di capacità intellettive brillanti, a causa del profondo malessere vissuto. Attraverso il servizio di scuola in ospedale gli operatori di Omada hanno voluto promuovere il diritto allo studio anche quando la psicopatologia risulta così invalidante da impedire la frequentazione della scuola per aiutare le pazienti non solo a costruirsi un futuro professionale, ma soprattutto ritrovare la fiducia nelle proprie capacità e lottare contro l’esclusione sociale.

Vorremmo ora concludere con alcune frasi di saluto e disegni delle nostre ragazze al termine del loro percorso di cura, che per noi rappresentando fonte di motivazione e ricchezza umana.

 

cara Omada e ragazze

Grazie davvero per tutto, mi avete aiutato a maturare e superare i momenti difficili.

Non ci credo ancora che verrò dimesso e mi rattrista molto, ma ho finito un percorso e vuol dire che sono migliorato molto.

Grazie per avermi supportato e soprattutto sopportato.

Ci siete sempre stati nei momenti difficili.

Qui ho trovato una famiglia, una casa in cui posso sentirmi al sicuro, grazie davvero.

vi voglio un mondo di bene.

A.

 

Milano, una città con l’anima

Convegno e tavola rotonda.

Il giorno 11 novembre 2022 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, si è tenuto il primo incontro del Comitato del Bene Comune, di cui la nostra Associazione è parte, ed è stata realizzata la Tavola Rotonda dal titolo “Milano, una città con l’Anima”. Un evento voluto e organizzato da un solido gemellaggio a cui aderiscono diverse Associazioni del Comune di Milano, accomunate nella missione di operare quotidianamente a favore del prossimo. La volontà è quella di creare e sostenere sinergie tra gli enti territoriali del Terzo Settore affinché, grazie alla collaborazione e al contributo di ogni Istituzione, possano essere date risposte efficaci ai bisogni della nostra comunità. Hanno condotto il convegno: Camillo de Milato, Presidente Fondazione Asilo Mariuccia, Associazione Regionale Pugliesi Milano, Elisabetta Soglio caporedattore Buone Notizie Corriere della Sera; Rodolfo Masto, Presidente Fondazione Istituto Ciechi Milano; don Enzo Barbante, Presidente Fondazione Don Gnocchi; Giovanni Fosti, Presidente Fondazione Cariplo; Giovanna Iannantuoni, Rettrice Università-Bicocca-Milano, Francesco Paolo Tronca, Presidente BEIC.

Il nostro lavoro ha bisogno di cura!

Mancano gli educatori. La carenza di risposte e le scarsissime candidature quando le Comunità educative cercano nuovi operatori è oggi allo studio di commissioni composte da esperti nel campo educativo. Vengono studiati i motivi cercando i molti fattori che incidono sulla mancanza di Educatori per poter affrontare questo problema con possibili soluzioni. Molte sono le voci che formano un coro di richiesta di attenzione rivolto alle autorità preposte. La scarsità di personale, infatti, mette in crisi le Comunità educative, le strutture che collaborano con il Tribunale per i Minorenni e i Servizi sociali a cui i minori sono affidati, sostenendo le situazioni fragili da cui provengono e accogliendo giovani con famiglie, storie di vita, culture e problematiche differenti. Una educatrice racconta: “Il nostro lavoro ha bisogno di cura. Dobbiamo poter rispondere in modo creativo a bisogni specifici dei ragazzi che vengono accolti. Insieme a ognuno di loro va costruito passo dopo passo, con flessibilità, un progetto che lo incoraggi a essere responsabile di se stesso.” L’educatore è un lavoro meraviglioso, andrebbe raccontato di più. Ma i “ragazzi scomodi” spaventano e non attirano. Deve essere capita la bellezza di lavorare con loro e per loro. Bisogna essere pronti a non spaventarsi davanti alla crescente rabbia degli adolescenti. Non si impara sui libri la capacità di avvicinarsi ma anche di prendere le distanze in certi momenti per poter dettare le regole. Per contribuire a sostenere gli operatori già in attività e rafforzare le loro capacità professionali, UNEBA, Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale, ha messo a punto un piano formativo per Operatori di Settore nella relazione d’aiuto Area Minori. La Coordinatrice Commissione Nazionale Minori e la Coordinatrice Commissione Minori Regione Lombardia sono operatori dell’Associazione Gruppo di Betania Onlus. Nell’introduzione all’offerta formativa si legge che quando un bambino o ragazzo viene seguito nell’ambito di un contesto di aiuto a causa di situazioni di fragilità e/o pregiudizio, il compito di chi lo accoglie può essere straordinariamente difficile. Coloro che sopravvivono ad esperienze sfavorevoli possono infatti mettere a dura prova chi si occupa di loro, nonostante le buone intenzioni di questi ultimi. E nelle situazioni più complesse, si possono innescare dinamiche relazionali disfunzionali che possono determinare esiti negativi da un punto di vista emotivo e comportamentale. L’obiettivo raggiunto del percorso formativo è stato discutere le modalità di funzionamento di questi bambini e ragazzi, riflettere sulle risorse e sui limiti dell’azione educativa e fornire spunti teorici e di intervento per l’educatore impegnato con questo difficile compito. Hanno partecipato educatori, operatori psicosociali, mediatori familiari, counselor e tutte le figure professionali impegnate nella relazione d’aiuto. Il corso si è sviluppato attraverso una metodologia didattica e interattiva che prevedeva , accanto a imput teorici e metodologici, esperienze pratiche e buone prassi. I temi trattati sono stati approfonditi con esperti nel campo. I formatori erano una psicologa, una pedagogista ed un’educatrice professionale. La forza del percorso è stata proprio l’esperienza diretta che i formatori avevano nel lavoro in comunità con i ragazzi. Il corso si è concluso con la richiesta di proseguire, almeno periodicamente con momenti di confronto tra operatori delle diverse strutture.