La collaborazione nella Comunità Terapeutica NPIA Omada

L’uso di strumenti per ascoltare ed affrontare i bisogni delle giovani.
In un mondo sempre più impegnato a rispondere alle sfide crescenti della salute mentale e del benessere, è essenziale fare affidamento su metodi validati e strumenti efficienti per migliorare la qualità dell’assistenza. Nella Comunità Terapeutica di Neuropsichiatria Infantile per adolescenti Omada proprio per questo, tra gli altri, utilizziamo CANS (Child and Adolescent Needs and Strengths): un sistema internazionale progettato per capire meglio i bisogni individuali e le forze in gioco nelle vite delle nostre pazienti. La Dott.sa Silvia Bianchi e la Dott.sa Rosanna D’Arrezzo, rispettivamente neuropsichiatra infantile e psicologa, psicoterapeuta presso la comunità terapeutica Omada, hanno presentato il lavoro quotidiano che in tale direzione svolge l’equipe della nostra Comunità al webinar organizzato dalla UONPIA presso la Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, tenutosi il 24 maggio 2023. Dal 2016 ad oggi Omada ha accolto 54 pazienti, con diversi bisogni e caratteristiche. Come è possibile rilevare dal grafico di seguito, più del 50% delle nostre giovanissime utenti soffriva all’ingresso in Comunità di sindromi depressive.

La collaborazione, con le ragazze e le famiglie, è un elemento cruciale nel percorso verso il raggiungimento degli obiettivi terapeutici della nostra Comunità residenziale. Lavorare insieme non solo facilita una migliore comprensione delle esigenze e delle aspettative, ma promuove anche un senso di appartenenza e impegno, fondamentale per il successo del percorso. Per questo Omada si avvale dell’uso di CANS, che rappresenta un nuovo approccio alla cura e al supporto, basato sull’ascolto attivo dei bisogni degli utenti. Questo modello collaborativo coinvolge attivamente le giovani pazienti e le rispettive famiglie, assicurando che le loro voci vengano ascoltate e prese in considerazione nel processo di pianificazione e assistenza. Ecco come funziona: durante la valutazione con il CANS, gli operatori sanitari si concentrano sui bisogni individuali e sulle forze dell’individuo e della famiglia. Le aree che vengono prese in considerazione sono:

Queste informazioni vengono utilizzate per sviluppare un piano di trattamento personalizzato che mira a migliorare la qualità della vita delle nostre adolescenti. Il processo consente di rispettare l’autonomia dell’individuo e della famiglia, incoraggiando la partecipazione attiva nel processo di cura attraverso una comunicazione chiara e diretta. Ma il vero valore del CANS risiede nella sua natura collaborativa. La valutazione non è un processo unilaterale eseguito da un professionista su un individuo. Piuttosto, è un dialogo aperto tra il professionista, l’individuo e la famiglia. Questo significa che i bisogni e le forze vengono valutati insieme, assicurando che la voce della ragazza e della famiglia sia al centro del processo decisionale. In sostanza, questo strumento offre un approccio basato sull’ascolto e sulla collaborazione, in cui paziente e famiglia svolgono un ruolo fondamentale del processo di cura, ed il cui contributo è sempre valido e prezioso.

Novità alla Casa del Sorriso.

Grazie Madre Franca, benvenuta Paola.

L’11 ottobre, in occasione della Giornata internazionale delle ragazze istituita dall’Onu, Casa del Sorriso ha voluto offrire un momento importante di ringraziamento e di incontro. Con la collaborazione del Comune di Fagnano Olona è stata organizzata una serata per riflettere sull’importanza del ruolo educativo. Volontari, educatori e amici della nostra Associazione sono stati invitati a partecipare al convegno “Il ruolo degli adulti oggi: cercare, trovare, accompagnare gli adolescenti” tenuto dal Professor Pietro Roberto Goisis psichiatra e psicoanalista. È stato inoltre un momento di celebrazione importante poiché Madre Franca Rosso, dopo 26 anni di appassionato servizio, ha passato il suo testimone alla collega Paola Lodovici. Dalla nascita della Casa del Sorriso nel 1996 Madre Franca, con il suo prezioso impegno pedagogico, ha accompagnato nel loro cammino di crescita molte delle nostre ragazze. È stata punto di riferimento e anello di congiunzione tra la Nostra Associazione e la Fondazione Paolo Foglia, che ci ha dato la possibilità di far nascere la Casa del Sorriso, rendendo possibile la realizzazione di tanti progetti a favore delle nostre giovani.

AUGURI OMADA!

La Struttura Residenziale di Neuropsichiatria Infantile per Adolescenti quest’anno compie 6 anni! Vogliamo approfittare del nostro 6° compleanno per raccontarvi di noi.

Nel 2016 nasce la Comunità Terapeutica di Neuropsichiatria Infantile Omada per rispondere all’emergenza relativa al disagio psichico nei minori. Già, i giovani possono ammalarsi, ed i numeri sono tristemente noti: secondo il rapporto dell’OMS nel 2015 il suicidio e la morte accidentale da autolesionismo erano la terza causa di mortalità degli adolescenti nel mondo, con una stima di 67.000 morti. Nel 2015 in Italia il suicidio è stato la seconda causa di morte nei giovani tra i 15 e i 24 anni, attestandosi all’incirca intorno ai 4.000 suicidi ogni anno.

L’Associazione Gruppo di Betania onlus ha deciso così di rispondere alla sofferenza psichica degli adolescenti, aprendo una Comunità autorizzata da ATS Città Metropolitana di Milano. Una struttura diversa dalle altre: sanitaria! Omada ha infatti l’obiettivo di cura e può ospitare fino a 10 ragazze fra i 12 e i 18 anni, segnalate dal servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile, per disagio emotivo che necessitino di percorsi riabilitativi comunitari. In molte situazioni questo tipo di intervento rappresenta l’ultima spiaggia per le pazienti e le loro famiglie, che hanno già tentato percorsi ambulatoriali (e la maggior parte delle volte ben più di uno!) senza però beneficio. Queste fanciulle hanno sulle loro giovani spalle l’esperienza di ricoveri in Neuropsichiatria Infantile e portano nel cuore ferite aperte che sanguinano, a volte fino all’emorragia.

Omada si prende carico del dolore e della psicopatologia attraverso un delicato e necessario lavoro di equipe multidisciplinare, composta da medici specializzati in Neuropsichiatria Infantile e psichiatria, psicologi psicoterapeuti, educatori professionali, infermieri, tecnici della riabilitazione psichiatrica, neuropsicomotricista e operatori sanitari. Insieme, ogni giorno, la sfida consiste nell’integrare le diverse professionalità, per prendersi cura delle giovanissime pazienti.

Omada si fa carico di loro attraverso tre macro step: una prima fase di accoglienza e reciproca conoscenza, momento delicatissimo in cui si tesse l’alleanza terapeutica e si mettono le basi per il Progetto Terapeutico Riabilitativo Individuale; su questo Progetto si basa la seconda fase, partendo dalla condivisione di obiettivi e strumenti con la ragazza, la famiglia ed i Servizi Invianti.  L’ultima fase è forse la più complessa di tutte: il processo dimissorio di riavvicinamento al territorio, in cui la giovane sperimenta le proprie risorse al di fuori della Comunità, fa palestra delle nuove strategie apprese e grazie al supporto costante dell’equipe può riprendere il proprio percorso di vita, con nuove consapevolezze. Queste fasi prevedono sempre il coinvolgimento della famiglia e della rete amicale, il rapporto con le scuole, le attività extrascolastiche e spesso si spingono ben oltre il mandato istituzionale di ATS, per far sì che il disagio psichico non si trasformi in isolamento e confinamento.

Dal 2016 ad oggi la Comunità ha accolto 51 ospiti, a fronte delle 450 richieste, la cui mole delinea bene la situazione generale.

Nel corso di questi 6 anni tutti gli operatori si sono messi in costante discussione, sempre costruttiva, rispondendo creativamente alle esigenze e bisogni delle pazienti, affrontando anche la pandemia COVID-19 e le ripercussioni emotive che tutti abbiamo purtroppo conosciuto, su ragazze che stavano già affrontando un momento di vita estremamente fragile.

A tal riguardo siamo lieti di annunciare che da quest’anno in Omada è attiva la scuola in ospedale. Le giovani pazienti infatti manifestano difficoltà scolastiche, ritiro e abbandono scolastico, anche a fronte di capacità intellettive brillanti, a causa del profondo malessere vissuto. Attraverso il servizio di scuola in ospedale gli operatori di Omada hanno voluto promuovere il diritto allo studio anche quando la psicopatologia risulta così invalidante da impedire la frequentazione della scuola per aiutare le pazienti non solo a costruirsi un futuro professionale, ma soprattutto ritrovare la fiducia nelle proprie capacità e lottare contro l’esclusione sociale.

Vorremmo ora concludere con alcune frasi di saluto e disegni delle nostre ragazze al termine del loro percorso di cura, che per noi rappresentando fonte di motivazione e ricchezza umana.

 

cara Omada e ragazze

Grazie davvero per tutto, mi avete aiutato a maturare e superare i momenti difficili.

Non ci credo ancora che verrò dimesso e mi rattrista molto, ma ho finito un percorso e vuol dire che sono migliorato molto.

Grazie per avermi supportato e soprattutto sopportato.

Ci siete sempre stati nei momenti difficili.

Qui ho trovato una famiglia, una casa in cui posso sentirmi al sicuro, grazie davvero.

vi voglio un mondo di bene.

A.

 

Milano, una città con l’anima

Convegno e tavola rotonda.

Il giorno 11 novembre 2022 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, si è tenuto il primo incontro del Comitato del Bene Comune, di cui la nostra Associazione è parte, ed è stata realizzata la Tavola Rotonda dal titolo “Milano, una città con l’Anima”. Un evento voluto e organizzato da un solido gemellaggio a cui aderiscono diverse Associazioni del Comune di Milano, accomunate nella missione di operare quotidianamente a favore del prossimo. La volontà è quella di creare e sostenere sinergie tra gli enti territoriali del Terzo Settore affinché, grazie alla collaborazione e al contributo di ogni Istituzione, possano essere date risposte efficaci ai bisogni della nostra comunità. Hanno condotto il convegno: Camillo de Milato, Presidente Fondazione Asilo Mariuccia, Associazione Regionale Pugliesi Milano, Elisabetta Soglio caporedattore Buone Notizie Corriere della Sera; Rodolfo Masto, Presidente Fondazione Istituto Ciechi Milano; don Enzo Barbante, Presidente Fondazione Don Gnocchi; Giovanni Fosti, Presidente Fondazione Cariplo; Giovanna Iannantuoni, Rettrice Università-Bicocca-Milano, Francesco Paolo Tronca, Presidente BEIC.

Il nostro lavoro ha bisogno di cura!

Mancano gli educatori. La carenza di risposte e le scarsissime candidature quando le Comunità educative cercano nuovi operatori è oggi allo studio di commissioni composte da esperti nel campo educativo. Vengono studiati i motivi cercando i molti fattori che incidono sulla mancanza di Educatori per poter affrontare questo problema con possibili soluzioni. Molte sono le voci che formano un coro di richiesta di attenzione rivolto alle autorità preposte. La scarsità di personale, infatti, mette in crisi le Comunità educative, le strutture che collaborano con il Tribunale per i Minorenni e i Servizi sociali a cui i minori sono affidati, sostenendo le situazioni fragili da cui provengono e accogliendo giovani con famiglie, storie di vita, culture e problematiche differenti. Una educatrice racconta: “Il nostro lavoro ha bisogno di cura. Dobbiamo poter rispondere in modo creativo a bisogni specifici dei ragazzi che vengono accolti. Insieme a ognuno di loro va costruito passo dopo passo, con flessibilità, un progetto che lo incoraggi a essere responsabile di se stesso.” L’educatore è un lavoro meraviglioso, andrebbe raccontato di più. Ma i “ragazzi scomodi” spaventano e non attirano. Deve essere capita la bellezza di lavorare con loro e per loro. Bisogna essere pronti a non spaventarsi davanti alla crescente rabbia degli adolescenti. Non si impara sui libri la capacità di avvicinarsi ma anche di prendere le distanze in certi momenti per poter dettare le regole. Per contribuire a sostenere gli operatori già in attività e rafforzare le loro capacità professionali, UNEBA, Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale, ha messo a punto un piano formativo per Operatori di Settore nella relazione d’aiuto Area Minori. La Coordinatrice Commissione Nazionale Minori e la Coordinatrice Commissione Minori Regione Lombardia sono operatori dell’Associazione Gruppo di Betania Onlus. Nell’introduzione all’offerta formativa si legge che quando un bambino o ragazzo viene seguito nell’ambito di un contesto di aiuto a causa di situazioni di fragilità e/o pregiudizio, il compito di chi lo accoglie può essere straordinariamente difficile. Coloro che sopravvivono ad esperienze sfavorevoli possono infatti mettere a dura prova chi si occupa di loro, nonostante le buone intenzioni di questi ultimi. E nelle situazioni più complesse, si possono innescare dinamiche relazionali disfunzionali che possono determinare esiti negativi da un punto di vista emotivo e comportamentale. L’obiettivo raggiunto del percorso formativo è stato discutere le modalità di funzionamento di questi bambini e ragazzi, riflettere sulle risorse e sui limiti dell’azione educativa e fornire spunti teorici e di intervento per l’educatore impegnato con questo difficile compito. Hanno partecipato educatori, operatori psicosociali, mediatori familiari, counselor e tutte le figure professionali impegnate nella relazione d’aiuto. Il corso si è sviluppato attraverso una metodologia didattica e interattiva che prevedeva , accanto a imput teorici e metodologici, esperienze pratiche e buone prassi. I temi trattati sono stati approfonditi con esperti nel campo. I formatori erano una psicologa, una pedagogista ed un’educatrice professionale. La forza del percorso è stata proprio l’esperienza diretta che i formatori avevano nel lavoro in comunità con i ragazzi. Il corso si è concluso con la richiesta di proseguire, almeno periodicamente con momenti di confronto tra operatori delle diverse strutture.

Palla al centro – Una festa dello sport e non solo

Il 9 ed il 16 giugno presso l’Associazione Gruppo di Betania Onlus si è svolgerà l’evento QuBì: “Palla al centro – sport e crescita”.
QuBì-La ricetta contro la povertà infantile, è un programma il cui obiettivo è contrastare il fenomeno della povertà infantile promuovendo la collaborazione tra le istituzioni pubbliche e il terzo settore e realizzando interventi mirati a bisogni specifici in 25 quartieri della città di Milano.
L’Associazione Gruppo di Betania è entrata a far parte della Rete QuBì nel 2021 e quest’anno, nell’ambito dei progetti, ha voluto realizzare due giornate di giochi e sport per i giovani con l’obiettivo di aiutarli a riprendere la propria capacità di socializzazione dopo questo lungo periodo di chiusura tramite momenti di festa, di allegria e di attività fisica. Soprattutto in un momento storico in cui sono venuti meno diritti fondamentali come scuola, possibilità di aggregazione e sport, è importante ripartire dal diritto di provare la gioia di giocare, di allenare il corpo e di sperimentare nuove attività ludico-culturali. Questi sono tutti elementi fondamentali per lo sviluppo sano degli adolescenti.
Agb Onlus ha organizzato queste giornate con momenti di condivisione e riflessione, partecipata e sportiva, per migliorare il proprio benessere psico-fisico avvicinandosi alla consapevolezza di sé. Molto importanti i due incontri formativi: “Educazione&Sport” tenuto dal Counsellor Giorgio Ronchi e “Wilding: autodifesa istintiva e psicofisica” tenuto da City Angels.

BUONA ESTATE!

L’estate per le ragazze accolte nelle nostre Comunità educative non è solo divertimento, ma è molto di più!
È CRESCITA, SCOPERTA, SOCIALIZZAZIONE, APPRENDIMENTO.
È una preziosa occasione per preparare il proprio BAGAGLIO PERSONALE,
che ha per fine la promozione dell’autonomia di ogni ragazza
all’interno della vita sociale e interpersonale. Gite culturali, corsi
sportivi, apprendimento di una lingua straniera, tirocini, vacanze di gruppo, percorsi formativi e tante altre esperienze nuove e stimolanti.
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Causale: attività estive

Approfondimento, scambio e confronto. L’Associazione Gruppo di Betania Onlus forma i volontari

Il corso di formazione “Nelle Radici” organizzato da Associazione Gruppo di Betania Onlus di Milano nell’ambito di Storia Nova, è rivolto ai volontari dell’Associazione Il Melograno Onlus, che da anni opera all’interno di strutture educative che accolgono giovani allontanate dalle loro famiglie dal Tribunale per i Minorenni.

Propone una formazione all’interno della quale i partecipanti hanno la possibilità di condividere esperienze e discutere, guidati da una pedagogista dell’Associazione, sul senso del servizio e sull’importanza della relazione in contesti educativi che si occupano di minori e della loro tutela, in un’ottica di prevenzione e contrasto al maltrattamento minorile.

Strumenti e competenze

Le persone che scelgono di svolgere il servizio di volontariato in ambito sociale sono risorse preziose e fondamentali per le istituzioni e il territorio. È essenziale offrire ai volontari un’adeguata formazione che permetta loro di sviluppare maggiore consapevolezza e dimestichezza con l’importante ruolo educativo che ricoprono. Il corso vuole favorire l’acquisizione di competenze e strumenti adeguati a svolgere con attenzione il delicato servizio in contesti di relazione di aiuto, nello specifico rivolto ai minori in difficoltà.

Formazione non frontale

Gli incontri di formazione si svolgono mensilmente negli spazi dell’Associazione, con la possibilità di partecipare tramite un collegamento da remoto. Una formazione non frontale, bensì un luogo di confronto e scambio con il contributo attivo di ogni partecipante. E proprio lo scambio di esperienze e modelli educativi diversi sollecitano interrogativi e offrono nuovi spunti di riflessione e approfondimento.

Gli obiettivi della formazione in corso sono la Relazione e l’Accoglienza, che vengono declinati in tematiche quali l’importanza dell’ascolto e del dialogo sia con i giovani sia con gli operatori di riferimento.

E’ inoltre rilevante supportare e guidare i volontari nei risvolti emotivi della relazione con i giovani in difficoltà.

Mantenendo al centro il tema della Relazione, attraverso i vissuti riportati dai partecipanti, è possibile affrontare alcuni approfondimenti rispetto a ciò che comporta, anche da un punto di vista istituzionale, la presa in carico di un minore seguito dai servizi sociali.

Mettersi in gioco

Partecipazione è una delle parole chiave di questo intervento formativo, che riscontra la forte volontà di chi frequenta di mettersi in gioco nella relazione di aiuto con consapevolezza e grande delicatezza.

Il confronto con la pedagogista, che opera quotidianamente nella residenzialità con giovani adolescenti, aiuta anche nella rielaborazione delle emozioni e delle situazioni, mantenendo fermo lo sguardo su quelli che sono gli aspetti di tipo istituzionale.

La formazione è un supporto importante per i volontari, che da subito si sono sentiti sostenuti nel servizio che svolgono attraverso un processo di apprendimento e un confronto che consente di aprire lo sguardo e ripensare alla relazione con le giovani in altro modo, aggiungendo tasselli e sfaccettature al loro contributo nei progetti educativi.

Approfondimento, scambio e confronto. L’Associazione Gruppo di Betania Onlus forma i volontari – StoriaNova (percorsiconibambini.it)

STORIA NOVA

Associazione Gruppo di Betania è partner del progetto nazionale STORIANOVA selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il progetto intende potenziare l’offerta di interventi e attività di contrasto al maltrattamento, nella tutela e protezione dei minori in Italia, contribuendo a rafforzare la capacità di intervento delle reti specialistiche dei servizi locali e nazionali.

Destinatari del progetto sono i giovani, le famiglie, la comunità educante (scuole, associazioni di volontariato, ecc.), ma anche gli operatori territoriali sanitari e sociali con i quali si vogliono sviluppare:

· interventi preventivi, tramite corsi di formazione dedicati e rivolti agli stakeholder territoriali

· interventi diretti a favore dei giovani

· realizzazione di protocolli di intesa condivisi dai diversi attori territoriali

· promozione della cultura dell’affido

Il Progetto, che ha come capofila l’Associazione Cante di Montevecchio ed è attivo nelle sei regioni partner (Lombardia, Piemonte, Sicilia, Calabria, Marche, e Toscana), ha tra i suoi obiettivi lo sviluppo di una Rete nazionale altamente specializzata nella tutela dei minori, attraverso la condivisione e la messa a sistema di metodologie di intervento, partendo dalla volontà di promuovere il confronto e progettare insieme.

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Villaluce, dove le ragazze diventano donne autonome

Da oltre 40 anni minorenni provenienti da situazioni familiari complesse vengono qui accolte dalle Suore missionarie di Gesù Redentore e da educatori. Parla suor Franca Corti

Una realtà attiva sul territorio del Decanato di Affori da oltre quarant’anni è quella di Villaluce, che l’Arcivescovo visiterà il 22 gennaio alle 9. Quella di via Ippocrate 22 è la prima sezione aperta a Milano nel 1980 dalle Suore missionarie di Gesù Redentore, appena costituite dopo aver lasciato la comunità delle Suore della Riparazione a Lampugnano: con alcuni laici fondarono la nuova realtà ospitando le prime 5-6 ragazze, anch’esse provenienti dall’altra struttura di accoglienza.

«Quella di lavorare insieme ai laici – spiega suor Franca Corti, responsabile di Villaluce – è una scelta che scaturisce anche dalle nostre costituzioni. Oltre a Villaluce esiste anche la Casa del sorriso, in provincia di Varese, e nel 2016 abbiamo aperto a Milano, in zona Quarto Oggiaro, una comunità terapeutica di neuropsichiatria per adolescenti che si chiama Omada».

Com’è cambiata nel tempo la tipologia delle vostre ospiti?

Due anni fa abbiamo festeggiato i 40 anni di Villaluce: da allora abbiamo accolto 1600 ragazze e se penso alla complessità delle accoglienze… Le ospiti rispecchiano l’evoluzione della società: prima erano ragazze che a livello sociale e culturale erano molto più povere e con un livello di istruzione basso; oggi invece studiano e arrivano anche da famiglie socialmente e culturalmente elevate, nelle quali però emergono altri tipi di povertà, di valori e di senso della vita. Poi abbiamo le classiche famiglie povere che vengono dalle periferie, ma anche tante ragazze che arrivano da tutto il mondo (America Latina, Asia, Cina, Africa…): qualche anno fa abbiamo avuto il boom, adesso sono per il 60% italiane e il 40% straniere.

Qual è l’età delle ragazze?
Accogliamo minorenni dai 14 anni in su. Arrivano tutte attraverso i Servizi sociali con decreto del Tribunale per i minorenni. A 18 anni possono decidere se andarsene o chiedere il prosieguo amministrativo per continuare il loro percorso fino ai 21 anni, anche perché la maggior parte di loro arriva da situazioni familiari molto complesse e difficili.

E una volta fuori cosa fanno?
La maggior parte non rientra a casa, anche se noi svolgiamo un grande lavoro con le famiglie, perché rappresentano le radici delle ragazze. In ogni caso lavoriamo sul recupero dei rapporti, perché riescano a rappacificarsi con il loro passato. Chi non rientra inizia un percorso di autonomia con un progetto individuale: noi le aiutiamo a trovare casa, lavoro e un minimo di stabilità affettiva, perché poi vanno a vivere da sole.

Quali sono i requisiti dei vostri educatori?
A tutti chiediamo la capacità di accoglienza, la passione per la vita e il desiderio di amare le ragazze, oltre alla professionalità. La residenzialità è molto impegnativa perché copre giorno e notte; inoltre si tratta di accoglienze che mettono in crisi, si toccano certe povertà e fatiche difficili da sostenere se non si ha passione. Per questo garantiamo a tutti la formazione permanente. Solo a Villaluce abbiamo una quarantina di educatori dai 24 ai 50 anni.

Attualmente quante ragazze avete?
Sono una cinquantina, ma divise in piccole comunità, perché abbiamo una rete. Ne abbiamo tre (due ospitano 8 ragazze e una 5), più una comunità di pronta accoglienza con 10 minori. Al termine del percorso le giovani possono spostarsi in altre abitazioni che abbiamo sul territorio: sono ancora comunità dove vivono 5 ragazze seguite dagli educatori. Se a 18 anni chiedono di continuare abbiamo anche alloggi per l’autonomia, dove vivono da sole o con un’altra compagna; l’educatore non vive con loro, ma segue i progetti individualmente. Entrano ragazzine ed escono giovani donne.

di Luisa Bove

Villaluce, dove le ragazze diventano donne autonome