Passo 14 e Passo 22 : ecco due novità!

Due nuove Unità di Offerta per sostenere passo dopo passo le nostre ragazze.
Percorsi di sostegno educativo nuovi, Passo 14 e Passo 22 sono 2 Alloggi per l’Autonomia di tipo Educativo che appartengono alla Rete di Comunità Educative, Alloggi per l’Autonomia e Progetti Sperimentali della Sezione Villaluce. Nascono per rispondere ai particolari bisogni di adolescenti che necessitano di uno spazio di crescita finalizzato ad un più graduale accompagnamento all’età adulta quale passaggio intermedio tra il contesto comunitario e la sperimentazione nell’Alloggio per l’Autonomia. In alcune situazioni, infatti, è importante predisporre esperienze educative propedeutiche, che permettano alla ragazza una più progressiva sperimentazione di sé, capace di tener conto sia degli irrinunciabili obiettivi di emancipazione sociale e di realizzazione personale descritti dal PEI, sia delle fragilità e dei particolari bisogni di accompagnamento e tutela. Il percorso presuppone una maggiore partecipazione e corresponsabilità da parte della giovane, dal punto di vista dell’acquisizione di autonomia nel perseguire le proprie scelte progettuali, negli impegni giornalieri e nella gestione concreta della propria quotidianità, nel misurarsi in modo più diretto con le norme che regolano la convivenza e la vita adulta. La ragazza è sostenuta nella costruzione e gestione di una sua vita autonoma ed è accompagnata anche nel reperimento di un lavoro e di un’abitazione. Laddove possibile, il progetto ha l’obiettivo del rientro in famiglia. L’offerta specifica che Villaluce ha pensato e strutturato per le giovani inserite in Passo 14 e Passo 22 comprende anche la possibilità di usufruire della propria rete di Servizi. Il supporto dei Servizi, ognuno con specifiche competenze, permette di sostenere la crescita della personalità dell’adolescente nella sua complessità: dall’orientamento scolastico all’educazione al lavoro, dalle esperienze culturali alle attività di tempo libero; ogni Servizio mette a disposizione i suoi strumenti al fine di sostenere e nutrire il percorso individualizzato di ognuna verso l’autonomia. Il nome “Passo” si riferisce al mondo alpino perché mostra simbolicamente il passaggio da un contesto educativo molto protetto ad un altro luogo che può essere un alloggio per l’autonomia oppure il rientro in famiglia. Mentre “14” e “22” identificano il numero civico in cui sono collocati gli appartamenti, mostrando così l’ancoraggio alla concretezza della vita quotidiana che si svolge tra scuola, lavoro, crescita personale e sociale, attraverso lo sviluppo per ogni ragazza del proprio progetto educativo.

LETS GO! A FIANCO DELLE NOSTRE RAGAZZE

 

Grazie a Fondazione Cariplo e alla sua sensibilità  verso ambiente,  arte, cultura e servizi alla persona,

con il sostegno di LETS GO possiamo andare con un po’ più di fiducia verso un futuro più garantito per

le nostre ragazze. Questo bando infatti ci ha aiutato a preservare e a mettere in sicurezza i servizi  e le

opportunità di crescita sviluppati per e con le nostre ragazze.

PAAd – UN MODELLO PER LA PRONTA ACCOGLIENZA ADOLESCENTI

Si è concluso il progetto “PAAD” realizzato grazie al contributo di
Fondazione Comunità Milano

Il progetto ha permesso di sviluppare l’offerta della Comunità di Pronta Accoglienza Pegaso, per proporre alle ragazze accolte interventi il più possibile adatti alle loro esigenze e per dare nuove risposte a situazioni sempre più delicate e complesse.

La Comunità Educativa di Pronta Accoglienza Pegaso dal 1991 accoglie ragazze adolescenti (13-18 anni) segnalate dalle Forze dell’Ordine, dall’Ufficio di Pronto Intervento minori del Comune di Milano e dai Servizi Sociali territoriali.
Sono ragazze minorenni che, in seguito a gravi difficoltà personali, hanno urgente bisogno di una collocazione immediata che permetta di individuare insieme ai Servizi Sociali, nel tempo massimo di due o tre mesi, la soluzione educativa più adeguata ai loro bisogni. Negli ultimi anni Pegaso si è trovata ad accogliere anche un numero sempre maggiore di giovanissime non accompagnate, portatrici di difficili storie di migrazione.
Le ragazze, allontanate dal loro contesto familiare e sociale, sono vincolate a vivere in Comunità; l’obiettivo è di favorirne la socializzazione, promuovendo esperienze che sostengano e promuovano la loro crescita psicofisica.
È necessario permettere loro di proseguire il programma didattico senza perdere l’anno di scuola e, per le giovani migranti non accompagnate appena arrivate in Italia, favorire l’apprendimento dell’italiano come L2.
Per aiutare le ragazze a riconoscere e sviluppare i loro interessi, la Comunità organizza anche esperienze ludico-formative di gruppo settimanalmente quali, ad esempio, mostre, musei, gite al mare o in montagna, cinema, cena in pizzeria ecc…) e corsi sportivi interni, come corsi di danza o di yoga.

Non meno importante è consentire a ogni ragazza di ricostruire la propria storia e la propria persona anche a partire dagli averi personali, dai piccoli gesti che restituiscono dignità e la sensazione di essere accolti con amore.

Inoltre “PAAD” ha contribuito ad aiutarci a comunicare il modello che ispira questa Comunità, consolidato durante quasi trent’anni di lavoro, in modo da renderlo proponibile in altri contesti e territori e per creare un confronto intorno a questo delicatissimo ambito educativo.

Oltre all’importante contributo utile a garantire la qualità del nostro intervento educativo, grazie al Progetto PAAD siamo riusciti a pubblicare un vademecum che racconta sinteticamente il modello d’intervento, il metodo pedagogico, gli obiettivi e le procedure di questa particolare Comunità. Contiene infatti indicazioni teoriche, metodologiche e operative sul funzionamento della Comunità di Pronta Accoglienza Pegaso.

COMUNITA’ PEGASO: UN’ESPERIENZA DI PRONTA ACCOGLIENZA EDUCATIVA

Tra le Sezioni Operative dell’Associazione Gruppo di Betania che offrono Servizi socio-psicopedagogici, Villaluce è caratterizzata da una Rete di Comunità Educative, Alloggi per l’Autonomia, Progetti Sperimentali per adolescenti e la Comunità Educativa di Pronta Accoglienza per adolescenti Pegaso. In questa breve presentazione vogliamo mettere in evidenza proprio le caratteristiche di quest’ultima, pensata per ragazze allontanate dalla famiglia in situazioni di emergenza.

Nata nel 1991, la Comunità di Pronta Accoglienza ha sviluppato modelli di intervento e strumenti pedagogici per poter dare risposte immediate a bisogni primari non prevedibili la cui urgenza non consente rinvii. Le caratteristiche principali di tale tipo di intervento sono la provvisorietà e l’imprevedibilità. Dopo quasi 30 anni di sperimentazione, AGB Onlus desidera trasmettere tale competenza in modo da renderla proponibile in altri contesti e territori promuovendo un confronto intorno al tema della Pronta Accoglienza e dei diritti degli adolescenti.
Per questo motivo ha voluto pubblicare un piccolo manuale, che contiene le caratteristiche peculiari del funzionamento di questa particolare Comunità, le procedure e le buone prassi sperimentate e sviluppate, in modo da permettere agli addetti ai lavori (operatori, ricercatori ecc.) e alle realtà interessate di prendere spunti per l’apertura/l’implementazione di attività simili e per favorire lo scambio di esperienze tra le Associazioni che si occupano di minori.
La Comunità di Pronta Accoglienza Pegaso rappresenta una esperienza molto particolare sul territorio del Comune di Milano perché è una vera e propria comunità educativa dedicata esclusivamente a questo delicato tipo di intervento.
La filosofia che caratterizza la Comunità è quella di un’accoglienza specifica di ogni adolescente, che significa, pur nel breve tempo a disposizione, prendersi cura delle minori ospiti nella complessità della loro persona, individuando i loro bisogni, rispettandoli ed articolando molteplici e mirate risposte in grado di promuoverli ed emanciparli.

Il periodo di passaggio in Comunità in cui viene a trovarsi la ragazza accolta è utilizzato nell’intervento educativo per una rielaborazione del contesto precedente e una individuazione delle risorse che permetteranno alla minore di affrontare le difficoltà e le incognite rappresentate dalla futura situazione di vita.
L’ingresso della giovane in Pegaso non preclude le sue relazioni interpersonali, ma sicuramente le struttura in maniera differente. La Comunità ha il compito di gestire la rete di relazioni che ruotano attorno alla vita della minore. Tra queste, la rete con il Servizio Sociale e la rete con familiari, parenti e amici.
L’osservazione pedagogica, in questo caso, assume tutto il significato di una esperienza educativa, perché, attraverso le parole, il comportamento e il dialogo, l’educatrice cerca di conoscere, di fare reagire, di smuovere le dinamiche più profonde del vissuto adolescenziale.
Dopo i mesi di permanenza (due o tre al massimo), ovvero il tempo necessario per la fase di osservazione, l’Assistente Sociale e l’équipe educativa sono in grado di individuare la struttura più adatta alle sue esigenze e di delineare il futuro progetto educativo adeguato per la sua crescita. É necessario che la ragazza divenga consapevole che in questo lavoro può e deve essere sostenuta dal continuo sostegno pedagogico degli Educatori e dalla rete relazionale che la Comunità Educativa sviluppa con lei e per lei.
Un elemento indispensabile per una corretta osservazione pedagogica è l’aspetto della socializzazione delle minori: è infatti estremamente importante che la ragazza interagisca oltre che con le educatrici, anche con gli altri operatori della struttura, con le altre ospiti della Comunità e con gruppi di pari all’esterno. Questi svolgono una funzione educativa importantissima. Nell’agire con i pari la minore costruisce un “contesto sociale” che ha le sue norme e le sue regole, in cui la relazione è un agire che si articola nell’interazione con gli altri.
Tutte le attività quotidiane delle ragazze svolte con le Educatrici, quali il momento della spesa, della preparazione dei pasti, del riordino degli ambienti, diventano motivo di riflessione pedagogica e strumento di crescita. Queste attività, che aiutano le ragazze a prendersi cura di sé e dell’ambiente che le circonda, sono anche gli strumenti che facilitano la relazione, agevolano il dialogo e attraverso lo stimolo delle educatrici possono diventare per l’adolescente occasione per un ripensamento ed una risignificazione di un momento particolarmente critico della propria esistenza. L’avere intorno a sé un ambiente caldo, protettivo, rassicurante, restituisce all’adolescente capacità di pensiero e di rielaborazione delle emozioni altrimenti paralizzati dal dramma precedente. Recuperando pensieri ed emozioni, la minore potrà sentirsi meno in balia di eventi che hanno sempre deciso per lei. Le educatrici possono aiutarla a divenire più attiva e consapevole, capace di esprimere i suoi bisogni e desideri anche rispetto ad una collocazione futura.
La Pronta Accoglienza Pegaso vuole essere anche un luogo di crescita culturale e cura in modo particolare i percorsi scolastici formativi di ogni ospite, che considera realtà essenziali all’interno del mondo relazionale di ognuna.
Quando ne esiste la reale e concreta possibilità, la Comunità preferisce mantenere le minori collocate nella scuola di origine, dove hanno già stretto legami significativi sia con gli insegnanti che con i compagni. In questo caso, quindi, l’impegno di Educatori ed operatori sarà quello di assicurare un aiuto costante e qualificato nello studio e di curare con discrezione ed attenzione i rapporti con l’Istituzione scolastica interessata e chi la rappresenta. Quando non è possibile, gli Educatori valutano con i Servizi Sociali le possibili alternative più idonee favorendone l’inserimento della ragazza.
Nell’occuparsi delle adolescenti extra comunitarie, Pegaso si premura di inserirle nei percorsi di alfabetizzazione e scolarizzazione predisposti dalle realtà presenti sul territorio che si occupano dell’inserimento e dell’integrazione dei cittadini stranieri, con particolare attenzione alla formazione scolastica.

WishAGB – Dona e Desidera

 

Carissimi Soci, Sostenitori e Amici,

Siamo contenti di annunciarvi che da qualche giorno Associazione Gruppo di Betania Onlus è attiva su Wishraiser, la piattaforma di fundraising che permette di raccogliere donatori ricorrenti.

Se volete sostenere la nostra associazione ed i nostri progetti da oggi potrete farlo attraverso donazioni mensili, del valore desiderato, a partire da un importo di 9-15-25€ o attraverso una donazione libera a partire da 5€ che potrete comunque sospendere in ogni momento.

In questo modo diventerete sostenitori attivi e riceverete vantaggi veramente esclusivi:

infatti attraverso una donazione mensile ricorrente a AGB Onlus avrete la possibilità di partecipare all’estrazione, con cadenza regolare, di viaggi ed esperienze da sogno.

Visitate la nostra pagina su Whisraiser e aiutateci a realizzare i nostri progetti grazie al vostro aiuto.

Memberships | Wishraiser
https://www.wishraiser.com/it/memberships/associazione-gruppo-di-betania-onlus

Vi invitiamo ad aderire e invitare i vostri contatti a fare lo stesso!!!

GRAZIE!!!

Grazie al contributo di UniCredit siamo riusciti a sostituire la cucina ed il living del progetto “CasAccogliente” della Comunità Educativa Libra!

L’iniziativa è stata resa possibile grazie al progetto “Carta Etica“ di UniCredit

Il progetto “CasAccogliente” nasce con l’intento di prendersi cura degli spazi abitativi delle ragazze accolte nelle strutture educative dell’Associazione. L’obiettivo progettuale è di completare la ristrutturazione di alcuni ambienti delle strutture educative di Villaluce, maggiormente usurati dal susseguirsi frequente delle ragazze accolte.

Il Progetto “Carta E” di UniCredit prevede che, grazie alle carte di credito a contribuzione Etica (UniCreditCard Flexia Classic Etica e Visa Infinite Etica) i clienti della banca possono contribuire a fare beneficienza con il semplice utilizzo delle carte e senza alcun costo aggiuntivo. Per ogni spesa effettuata con la carta, infatti, UniCredit rinuncia ad una parte delle commissioni per alimentare un fondo destinato a sostenere diverse iniziative di solidarietà sul territorio.

Obiettivo generale del progetto è che le ragazze imparino a “fare casa”, condividendo esperienze che trasformino il loro vissuto nel desiderio di circondarsi di bello e di buono.
Il lavoro pedagogico quotidiano consiste, pertanto, nel mostrare loro che vivere la casa e rapportarsi in modo positivo con i suoi spazi e con gli oggetti che ne fanno parte, è un modo di prenderci cura di noi stessi, rispecchia il nostro modo di relazionarci e di sentirci; nell’accezione che le case “esteriori” parlano delle case “interiori”.

Pertanto, partendo dalla cura della casa, dei suoi arredi e degli oggetti che ne fanno parte, si arriva a una maggiore attenzione verso gli altri e verso se stessi; si sperimenta il piacere di vivere in uno spazio bello, sereno, ordinato, profumato per sé ma anche per le persone con le quali si convive.
In questo modo è possibile aiutare le ragazze a raggiungere obiettivi di autonomia, responsabilità, rispetto di sé e degli altri, amore verso se stesse.

In particolare, la sostituzione della cucina con una più funzionale ed attrezzata, ha il duplice obiettivo di aiutare le ragazze a sviluppare la cura per un’alimentazione sana ed equilibrata e anche per connotarsi come ambiente piacevole, adatto a scambi culturali attraverso il cibo.
Di seguito le fotografie degli ambienti prima e dopo la ristrutturazione

Grazie!

Allenate per sorridere con gli occhi

Un modo nuovo di vedere il mondo

“Recentemente leggevo che questo 2020 ci ha messo un po’ alle porte, nel senso economico del termine, eppure più che alla porta forse siamo stati messi alle finestre. Diciamo, anche, che abbiamo imparato a starci in un modo tutto nuovo che nessuno si aspettava.
Sembriamo forse gli stessi di prima eppure dentro di noi qualcosa è inevitabilmente cambiato. Abbiamo visto il nostro paese spegnersi mano a mano, ci siamo sentiti chiamati in causa. Come per gli eroi non siamo riusciti a sottrarci e abbiamo dovuto scegliere di rinunciare: agli affetti, alle abitudini, ai vizi, alla libertà.
Costrette a stare nelle nostre case, noi che non ci siamo neanche scelte. Appoggiate ai davanzali e con il naso incollato al vetro guardavamo i parchi vuoti con la rabbia di chi non vuol sentire, capire. Ci siamo dovute fermare, come una battuta d’arresto in un tempo sospeso che non ci sapeva di niente e che ci ha costrette a concentrarci su di noi, ad ascoltarci e a ripensarci. Un’operazione che alle volte ci ha fatto anche più spavento di questo virus. Eppure, più che a smettere di avere paura abbiamo voluto imparare a tremare. Ed è allora che lentamente abbiamo spostato lo sguardo da tutte quelle abitudini che ci tranquillizzavano, soprassedendo al rancore e riscoprendo ciò che abbiamo spesso trascurato, lasciandoci alle spalle le finestre e le persiane, portandoci all’interno. Come i bambini quando osservano il mondo per la prima volta, con la stessa sana curiosità, abbiamo imparato a guardare quello che da sempre avevamo di fronte. L’appartamento a volte ci è sembrato stretto e allora noi abbiamo imparato a prestare il nostro sguardo a chi con urgenza cercava una tana. Con un po’ di allenamento i nostri sorrisi sono diventati sempre più grandi, abitabili e forse adesso ci viene più difficile porgere la mano ma, nonostante questa mascherina che ci taglia il fiato, ci siamo allenate per sorridere con gli occhi. Tra compagne ci siamo interrogate e, alle volte, stropicciate un po’ la faccia, riscoprendone una nuova, curiosando oltre i nomi consumati con cui amiamo parlare di noi, degli altri, delle cose. Bizzarro come può diventare oro tutto questo tempo altro, diverso, strano…”

L’antidoto per il COVID…. e non solo

 

La vicenda del Covid, oggi tutt’altro che conclusa, ha influenzato tutti e, purtroppo, continuerà a farlo ancora a lungo.

Ma passando oltre a tale ovvietà, all’interno della Comunità NPIA di Omada ha anche permesso di attivare energie e soluzioni nuove al fine di fare fronte ai cambiamenti imposti dalla Pandemia. L’effetto principale ha riguardato la possibilità di utilizzare il “gruppo” di lavoro come strumento e risorsa straordinaria per poter “vedere oltre all’ostacolo”. Nella scorsa primavera abbiamo affrontato mesi faticosi, uno stravolgimento per tutti, turni di lavoro rivoluzionati, riorganizzazione generale della comunità, nuove regole, procedure, nel tentativo di garantire al massimo la sicurezza delle ragazze, di operatori e clinici.
Questo sforzo comune e collettivo ha permesso un salto di integrazione che era ancora necessario dover fare nella nostra giovane esperienza, mettendo in connessione, ancora più stretta, tutti i professionisti presenti.
Si sono cercati nuovi strumenti di lavoro (riunioni da remoto, tra noi e/o con servizi esterni…), si è riorganizzato il “tempo” in CT con le pazienti, tutte presenti vista la chiusura prolungata delle scuole, attivate le video-lezioni per tutte, ecc.
Il lockdown primaverile ha comportato che gli operatori non avessero spazi “altri” oltre al lavoro, si è offerto a tutti la possibilità strutturata di un confronto con un consulente esterno, come modalità per poter gestire lo stress derivante dalla situazione che si era creata.
Quelle settimane sono trascorse per tutti, ragazze comprese, vivendo le giornate attraverso una differente gestione del “tempo”. Un tempo più lento, più dilatato, più condiviso. Momenti, come il pranzo o la cena, precedentemente vissuti con maggior frenesia e frammentazione a causa di impegni e orari differenti, sono diventati reali momenti di condivisione.
E’ questo solo un esempio, ma serve per comprendere quale sia l’aspetto che avevo intenzione di sottolineare maggiormente. Le giovani hanno potuto condividere con gli operatori, e con i familiari che incontravano attraverso

i dispositivi tecnologici, la medesima “attesa” di sviluppi desiderati: la pandemia ci ha posti tutti sullo stesso piano. Tale situazione di condivisione ha aiutato le stesse a reggere la fatica nel trascorrere delle settimane. Hanno compreso che, a differenza di altri loro coetanei isolati nei propri appartamenti cittadini, loro avevano un gruppo a disposizione, degli spazi propri e comuni, anche all’aperto. Avevano pertanto a disposizione delle risorse non scontate.
Oggi, a mesi di distanza, prosegue questo tempo anomalo che incide quotidianamente sul nostro lavoro, perché comporta la necessità di fare sintesi tra il mandato istituzionale che abbiamo in quanto struttura sanitaria, ovvero la ricerca di un benessere psicofisico delle ragazze attraverso azioni mirate cliniche ed educative, e l’esigenza di preservare le stesse e l’intera organizzazione dai rischi di una eventuale diffusione del contagio. Tutto ciò può apparire evidente e scontato, ma implica una dialettica interna costante al fine di individuare un punto di equilibrio tra queste differenti istanze, nel rispetto delle normative generali e specifiche emanate ad hoc dalle differenti istituzioni. Se la risposta alla nostra naturale paura, smarrimento e irritazione di fronte alla Pandemia è che “siamo qui per le ragazze”, si ritorna a vedere il motivo per cui ci siamo impegnati in questo lavoro e a riprendere un processo di crescita; in caso contrario ci si potrebbe paralizzare. Rimane, di fatto, che l’antidoto alla paralisi causata dalla paura o dalla rabbia – e non solo per il Covid – resta sempre la dialettica appena citata.
L’auspicio è che, in fondo, oltre alla fatica che ancora sperimentiamo, questo lungo periodo di crisi sia un’occasione importante di crescita collettiva per l’equipe di Omada e di significativo consolidamento condiviso della nostra identità. Tale processo implica un’autoattribuzione di appartenenza sempre più diffusa e riconosciuta dal gruppo di lavoro, nella diversità di professioni e di sensibilità personali.

Paolo Cereda – Coordinatore “Omada”

Villaluce: 40 anni… E NON SENTIRLI!

 

 

40 anni di storia e alla base una intuizione su cui l’intera istituzione si è modellata: le ragazze che Villaluce accoglie hanno sulle loro giovani spalle e sui cuori grandi sofferenze che hanno causato pesanti traumi… ma sono anzitutto adolescenti. Pertanto tutta l’istituzione – struttura, organizzazione, servizio psicopedagogico, formazione – si è forgiata a partire dal sistema evolutivo dell’età adolescenziale che attraversa varie fasi fino a transitare nell’età adulta abbandonando le pretese e le onnipotenze infantili, insieme al grande significato che per un adolescente ha l’esperienza di appartenere ad un gruppo. E lo ha fatto facendo del confronto intra ed extraistituzionale, ragazze comprese, un cantiere sempre aperto che la Formazione permanente ha costantemente alimentato.

Una visione che, soprattutto negli anni 80 e 90, ha fatto cultura nell’ambito sociale milanese e che, inoltre, in modo pionieristico, ha iniziato a far parlare di intervento pedagogico PERSONALIZZATO e strutturato in forma PROGETTUALE, quale unico modo per valorizzare la persona, riconoscerle la propria unicità e potenzialità, ingaggiarla in una spirale di crescita e di speranza verso il futuro.

Ciò, evidentemente, non ci ha reso immuni da disfunzioni, slogan, autoreferenzialità, errori: siamo professionisti vivi e, dunque, umani!

Non possiamo neppure nascondere dietro un dito un’altra faccia della medaglia non propriamente brillante: ci stiamo destreggiando soprattutto oggi, tra le costanti e continue contrazione delle risorse (economiche e umane) e la moltiplicazione delle esigenze da parte dei Servizi invianti e degli Enti deputati al controllo. Siamo infatti sollecitati da mille fonti, soprattutto sul piano burocratico e amministrativo (procedure, sistemi sofisticati di raccolta dati) ma francamente poco sul piano dell’obbiettivo, della qualità, della progettualità responsabile verso il nostro futuro rappresentato, oggi, dai giovani. Speriamo di uscire presto da questo tunnel per programmare con senso e “costruire” il futuro dei nostri ragazzi ritrovando uno sguardo lungimirante e fiducioso!

 

Ecco, dunque, la storia di Villaluce intrecciarsi con migliaia di storie di ragazze, le principali protagoniste, di educatori, assistenti sociali, magistrati, genitori, psicologi, insegnanti, medici, imprenditori, economisti, burocrati…, valorizzando le appartenenze di ciascuno: religiose, laici, uomini e donne, giovani e anziani… Un concerto di relazioni non sempre ordinato e perfetto. Proprio questo ha fatto la differenza: comprendere che la vera ricchezza consiste nell’amore e nella passione che ciascuno di noi ha donato a Villaluce, generando reciprocità e vicinanza!

 

Un comitato, fin dai primi mesi del 2018, è stato incaricato di lavorare al 40esimo di Villaluce individuando celebrazioni ed eventi ad hoc, tra cui un seminario pedagogico. Purtroppo, anche se scontato, la vicenda del Covid non ci ha permesso di realizzare quello che avevamo in mente…

E allora? Allora, per il momento, celebreremo questo traguardo nel silenzio dei nostri cuori e appena sarà possibile festeggeremo insieme. Anche questa è una lezione di vita esemplare che mostra alle nostre adolescenti ma anche a noi (l’educazione non è mai a senso unico!) che il cammino verso l’età adulta è una continua e costante dialettica tra il sogno e la realtà, tra l’ideale e il reale, tra l’impossibile e il possibile; un cammino di trasformazione che prosegue per tutta la vita! Grazie Villaluce!

 

L’importanza del gruppo

Salve a tutti, con questa lettera vogliamo raccontare come abbiamo vissuto la quarantena nella Comunità Educativa Sestante. Viviamo in questa Comunità di Villaluce da circa 4 anni: essendo una realtà diversa e a volte poco considerata, ci tenevamo a far conoscere anche il nostro vissuto.

Come tutti sappiamo, il lockdown è stato un momento difficile e molto strano per tutti. Nonostante i mesi trascorsi completamente lontane dai nostri famigliari e amici siano stati duri, abbiamo scoperto l’importanza del gruppo come supporto e riscoperto la bellezza delle piccole cose.

In questi mesi ci è capitato più volte di vedere quanto il gruppo fosse fondamentale: una delle ragazze, per esempio, ha avuto la sfortuna di avere una polmonite nel bel mezzo dell’epidemia, niente di collegato al virus in circolazione non preoccupatevi! In ogni caso, questa situazione ha fatto emergere il gruppo come fonte primaria di allegria e supporto. La ragazza è stata in isolamento durante la quarantena per evitare ogni contatto e le altre pur di aiutare la compagna facevano cambi di letti, mangiavano tutte in cucina, seppur piccola, e quando passavano dalla sala si fermavano a parlare con lei anche se attraverso la porta – come per dire: “Hey, io ci sono!”. Questo episodio forse è stato il più drastico, ma è per farvi capire come il gruppo, anche nelle situazioni più fastidiose e difficili, sia sempre stato capace di aiutare e supportare. Ad un certo punto della quarantena, però, stava diventando tutto troppo pesante: per esempio, stare sempre insieme alle stesse persone, seguire le video lezioni oppure il fatto di fare la psicoterapia in casa. Per quanto grande fosse la casa, infatti, non c’era abbastanza intimità per parlare liberamente delle nostre questioni private, anche se confrontandoci tra di noi abbiamo cercato di rispettare il più possibile ognuna gli spazi delle altre. Oltre alle cose difficili, abbiamo potuto scoprire tante parti di noi stesse, delle compagne e educatrici.

Crediamo che questa quarantena sia servita molto a farci riflettere e farci prendere una pausa dalla frenesia di Milano. Anche se a volte è stato davvero faticoso, abbiamo avuto il modo di fermarci e guardarci dentro e attorno. Prima di questa esperienza, avevamo smesso di credere nel gruppo e all’inizio della quarantena ci siamo un po’ isolate senza condividere le nostre fatiche. Portarsi tutti i pesi da soli però è difficile in qualsiasi caso e, proprio quando pensavamo che i rapporti fossero superficiali, le ragazze e le educatrici ci hanno dimostrato il contrario: dalla compagna che ti porta il caffè quando studi troppo, a quella che ti parla quando non riesci a dormire o quella che apposta ti stuzzica per farti un po’ ridere. Le educatrici hanno cercato di comprendere le nostre fatiche e parlarci anche una ad una e questo ha aiutato molto nel rapporto individuale con loro. Ci siamo aiutate, venute incontro e un po’ “modificate” a vicenda e la cosa più bella è che non l’abbiamo nemmeno fatto apposta: nella nostra spontaneità di fare dei piccoli gesti, ci siamo aiutate in grande.

Sicuramente sarà un anno che non dimenticheremo: se pensiamo alla quarantena ci vengono in mente le sere a ballare tra di noi, quelle a parlare di cose serie e non, i 2 compleanni festeggiati qui in casa, le risate, gli abbracci, i pianti.
Ci porteremo dentro tutto perché, per quanto faticosa, questa quarantena ci ha regalato e insegnato molto: siamo più consapevoli, sentiamo maggiormente l’affetto delle nostre compagne ed educatrici, viviamo la vita fuori diversamente e, tornando a casa, sappiamo che qualsiasi cosa possa succedere fuori, a Casa andrà tutto bene.

Un saluto dalle ragazze della Comunità Educativa Sestante.